Intervista a Lucrezia Lombardo

L’ingresso dei social network nelle quotidiane interazioni tra individui ha portato con sé nuove possibilità e grandi cambiamenti. Grazie ad essi e alla loro diversificazione, oggi abbiamo il potere di raccontare ciò che accade intorno a noi in tempo reale, di condividere una foto con tutti i nostri follower (e con il mondo intero grazie alla categorizzazione per hashtag), e di scoprire che lavoro fa quel vecchio compagno di liceo che non vediamo da una vita. Il potere però, è noto, non viene regalato; nel caso dei social ci costa, più o meno consapevolmente, un pezzetto di privacy. Ma oltre a raccontare di noi stessi e di quel che facciamo, le stesse piattaforme sono divenute vetrine importanti per chi cerca di emergere nelle attività creative più disparate: lanciarsi sui social è un primo modo per “testare” il frutto della propria creazione, alimentato da likes e cuori.

Ma è possibile che la ricerca di approvazione da parte del mondo social-virtuale sia già diventato il fine, anziché il mezzo, di artisti emergenti o aspiranti tali? È ragionevole credere che, quando utilizziamo i social come piattaforma di condivisione rapida del nostro prodotto creativo, anche quest’ultimo sarà influenzato da quella necessità di approvazione? A queste e altre domande abbiamo cercato di dare una risposta con Lucrezia Lombardo, giovane scrittrice e poetessa aretina con all’attivo tre raccolte di poesie e un saggio divulgativo sulla filosofia dell’educazione dal titolo “l’Alunno”, uscito il 28 aprile scorso e edito da Divergenze.

Lucrezia, come nasce la tua passione per la scrittura, e in particolare per la poesia?

«Un ruolo centrale lo attribuisco a quello che mi hanno trasmesso i miei genitori. Mio padre ha sempre avuto una grande passione per la pittura, mentre mia madre, docente di francese, ha prodotto la prima traduzione in quella lingua di “Ossi di seppia” “La bufera e altro” di Montale; a casa mia si respirava sempre aria d’arte.»

Quali tematiche sono centrali nelle tue prime poesie?

«Nella mia prima raccolta il tema principale è la natura e il rapporto con essa. L’uomo cerca sempre di stabilire certezze dando un ordine a tutto, natura compresa. E se quest’ordine artificiale crolla, si trova di fronte a un vuoto. Il titolo della raccolta è “La visita”, proprio perché dovremmo lasciare che la natura e la vita stessa ci visitino senza cercare di indirizzarle. È la ricerca di un punto di vista differente.»

E negli altri componimenti?

«In “La nevicata” torna il tema della natura, e qui l’elemento chiave è appunto la neve: qualcosa che rappresenta purezza e scomparsa dei confini, punto di partenza per sviluppare riflessioni su come l’uomo pur avendo vita grazie alla natura cerca di distanziarsi da essa. In “Solitudine di esistenze” invece, c’è un nuovo punto di vista e la poesia non è solo qualcosa attraverso cui condurre riflessioni personali ma anche raccontare la realtà più brutale del nostro presente attraverso stralci di vite di margine: senzatetto, prostitute, gli ultimi

Quindi l’idea di questa raccolta è quella di trasmettere un messaggio di umanità e impegno civile?

«Non necessariamente. Il punto è che la poesia ci può parlare della realtà in carne ed ossa, usando il linguaggio poetico in forma narrativa. Viviamo in un’epoca in cui la poesia spesso risulta troppo intimistica e chiusa in sé stessa oltre che nella sua interpretazione.»

C’è un’analogia fra la poesia contemporanea e le arti visive contemporanee?

«In entrambi gli ambiti abbiamo visto uno spostamento dalla raffigurazione formale della realtà fino a una visione più astratta e concettuale. Pensando alla poesia però, dovremmo riflettere sul fatto che il linguaggio nasce per darci la possibilitàdi comunicare; credo sia importante restituirgli questa funzione anche in ambito poetico. Se relativizziamo anche l’interpretazione del linguaggio, rendiamo comunicazione e dialogo sempre più complessi.»

Qual è secondo te il ruolo dei social media in questo processo, dato che ormai sono parte integrante della nostra capacità di comunicare con gli altri.

«Secondo me l’evoluzione dei mezzi di comunicazione ha contribuito ad una involuzione della poesia. Se questa nasce e si sviluppa all’interno di essi, verrà certamente assoggettata all’idea di comunicazione dominante, operante principalmente per immagini e con scarso stimolo per il ragionamento lento e profondo: tutto a vantaggio dell’idea di mercato che ingloba tutto, arte inclusa, attraverso i mezzi di comunicazione. Scavare nell’animo umano è una questione ben più complessa, e i social non aiuteranno a trovare modo e tempo per farlo davvero

C’è chi definisce la poesia nata e diffusa sui social come poesia popolare. Cosa ne pensi?

«Ci sono autori che vengono pubblicati solo perché hanno molti followers sui social network. Se popolare coincide con il meccanismo di ricerca costante di visibilità, delle immagini, del linguaggio binomico “mi piace/non mi piace”, questo non è conciliabile con la complessità della poesia. Subordinare la scrittura creativa, e in generale tutta l’arte, alla vendita, è un danno al quale difficilmente si pone rimedio

Ma allora cosa dovrebbe fare un giovane o giovanissimo per cercare di emergere nel mondo della poesia di oggi? I social media sono un modo per mettere subito alla prova un contenuto creativo…

«Io credo che ogni artista dovrebbe porsi una sola domanda: pensi di avere contenuti innovativi da portare? Se la risposta è sì, allora non bisogna scordarsi la via tradizionale: contattare piccoli editori, spesso più attenti alla qualità di quelli più grandi, e in grado di valorizzare l’opera di un emergente. Non c’è bisogno dell’approvazione preventiva del mondo virtuale dei social, non è quello a fare la qualità di un componimento. Inoltre, pensare alla diffusione della poesia in un contesto social, rappresenta secondo me un’inversione: si parte dal fatto che esista già un pubblico, anziché focalizzarsi completamente sulla qualità dei contenuti.»

Adesso spezzerò una lancia in favore dei social: è grazie a loro che giovani da tutta Italia sono riusciti a mettersi in contatto, organizzarsi, e a dare forma all’Arezzo Crowd Festival!

«Certamente. I social sono mezzi di comunicazione rivoluzionari e dalle grandi potenzialità. L’importante è che restino mezzo e non divengano fine

Grazie per il tuo punto di vista Lucrezia. Ci vedremo ancora durante il Festival, con gli incontri letterari presso l’InformaGiovani in piazza Sant’Agostino.

Umberto Bertocci